giovedì 15 luglio 2010

Product philosophy


Allora: siamo in campagna vendita. Un negozio mi dice" la collezione mi piace ma perchè devo inserire il tuo quando ho già un prodotto ad prezzo decisamente inferiore che esce a badilate ?" La definizione "badilate" la trovo particolarmente adatta. La mia è una esternazione dettata dalla rabbia per una mancata vendita ? Anche, però. Lasciando perdere il fatto che i prodotti sono MOLTO diversi, ma a quanto pare il cliente questo non lo coglie - voglio chiarire alcune differenze che evidentemente non sono ben rappresentate e quindi comprese e valutate.
Dunque. Dato che con le parole si fa fatica, lavoriamo allora per esempi: cos'è l'agricoltura biologica ? Andiamo su Wikipedia che dice:

"L'agricoltura biologica è un tipo di agricoltura che considera l'intero ecosistema agricolo, sfrutta la naturale fertilità del suolo favorendola con interventi limitati, promuove la biodiversità dell'ambiente in cui opera ed esclude l'utilizzo di prodotti di sintesi (salvo quelli specificatamente ammessi dal regolamento comunitario) e organismi geneticamente modificati."

Io partirei da qui per compiere un percorso: Esistono le mele ed esistono le mele biologiche. Questo può essere inteso come : esistono prodotti finti ed esistono prodotti veri, vale a dire di contenuto. Non a coso le mele e le fragole biologiche sono molto meno appariscenti, grandi, belle e colorate di quelle "standard".

Andiamo avanti. Anche nel nostro caso specifico - l'abbigliamento - esistono due gruppi : i capi "finti" vale a dire o prodotti logati che di concreto spesso non portano niente - e se lo portano se lo fanno strapagare - o prodotti massificati che hanno nel prezzo la loro unica qualità, mentre la qualità, quella vera, si rispecchia appunto nel basso prezzo.

Esistono poi capi di abbigliamento che... portano. Una volta il logo era un segnale di qualità. C'era il sarto che cuciva l'etichetta del tessuto utilizzato sulla manica della giacca, ma attenzione, non per "apparire" ma per dichiarare una qualità VERA.

Da "Storia del Logo" : Se andate da un Antiquario, gli chiedete di mostrarvi delle teiere d'argento e di motivarvene la qualità, lui vi farà osservare che sul fondo della teiera sono impressi i vari marchi di chi ha partecipato alla realizzazione. Ecco quindi che appariranno i simboli del produttore dell'argento, di chi ha disegnato la teiera, dell'artigiano che l'ha effettivamente realizzata nonchè quello dell'acquirente, vale a dire il negoziante. Questa era la qualità. Una volta.

Con il tempo sono cambiati i parametri e per dirla secca con due - belle - parole di un negoziante : un cartellino con del tessuto attaccato.

Don Chisciotte prima di noi ? Speriamo di no. Togliere il logo significa rifiutare chi ci ha offerto di mettere il logo in discoteca, sui motoscafi o sui bordi dei campi da rugby. La coerenza vale tanto e tanto si paga, è cosa rara e quindi costa. Scegliere di produrre in Italia - ma più che in Italia preferisco dire "qui vicino", "sotto controllo" a Verona - che il made in Italy fine a se stesso è una buffonata - dicevo produrre in Italia significa pagare un capo finito 20 euro invece che i 7 dollari canonici. Tutte queste cose poi finiscono nel capo e si incontrano in negozio con un prodotto logato, massificato e a basso prezzo. Il negoziante non coglie la differenza, non la trasmette al cliente e quindi la mela che costa 1 euro è uguale alla mela che costa 20 cents e la battaglia è persa...

Cosa fare quindi ? Informare. E' quello che stiamo provando a fare. Dobbiamo essere belli ? Per alcuni lo siamo. Dobbiamo essere bravi ? Ma siaaamo bravi, ce la mettiamo sempre tutta. Ok... dobbiamo.

Però, per favore, voi dovete pensare anche a cosa mangiate quando comperate un hamburger per un euro...

Nessun commento: