martedì 19 aprile 2011

Bottoni di plastica o in Madreperla ?

Lo spunto per questa riflessione mi viene leggendo un articolo di Curzio Maltese, sulla sua rubrica CONTROMANO del settimanale Venerdì allegato a Repubblica.
Premessa : divoratore di giornali, settimanali, mensili, inserti, fogli, gossip e foglietti, mi faccio conservare da Norma la giornalaia ( ma con un nome così.... ) buona parte degli inserti dei quotidiani che escono durante la settimana.
Niente giornali, solo gli inserti. Al sabato prendo il pacco e per tutta la settimana ho da leggere in bagno. Sono in quella - considerevole - parte di popolazione maschile che ritiene il bagno una perfetta sala di lettura dove rilassarsi per ore a leggere. Lì, nessuno ci disturba.

La premessa serve per quando e se parlerò di qualche articolo letto sulla Padania piuttosto che su Chi, Famiglia Cristiana, Area di Confine, Nexus, CQ, etc...
Io ho con la stampa l'approccio che ho con tutto ciò che mi circonda : provare, assaggiare e metabolizzare. E' una delle poche certezze che ci sono rimaste: se sei curioso, non hai pregiudizi o preconcetti sta tranquillo che troverai sempre qualcosa da imparare.


Dunque, aldilà dello scontato
dove si va a parare che evito, mi è piaciuto molto il concetto espresso dell "Umiltà del Male".
C'è questo
libro di Franco Cassano ( lo ammetto, non intendomi nè di filosofi nè di giocatori di calcio credevo si trattasse di quest'ultimo ) dicevo del libro, che in pratica spiega come il male sia più umile del bene, umile nel senso che sa "abbassarsi" al livello della maggior parte della gente. Le qualità morali, l'amore per il prossimo e l'intelligenza del bene comune sono strade riservate a pochi eletti. Lasciandovi il gusto dell'articolo o meglio del libro che io vado a prendermi, vi porto la chiusura del buon Curzio : "L'unica strada del cambiamento vero ( capito dove è andato a parare... ) è tornare ad essere umili, guardare agli italiani come sono e non come li vorremmo.

Paralllelo con ciò che sto facendo : sto pedalando su una bicicletta che ho voluto, in fuga solitaria - o sarebbe meglio dire cercando di prendere il gruppo che sta davanti - e portando sulle mie spalle il peso e le conseguenze di ciò che faccio.
Adesso decido tutto: politica, strategia e scelte commerciali.
Già, ma chi c'è dall'altra parte ? Diciamo che lo so quale è la mia clientela, però sarà interessante capire quanto essa corrisponda in realtà alla idea che io me ne sono fatto.
Ora sto realizzando un prodotto che deve racchiudere in sè il miglior connubio - che io riesca ad esprimere - tra passione, stile, qualità e prezzo e oggi mi trovo davanti a l'ennesimo dilemma : montare sulle mie polo dei bottoni 4 fori di plastica o in madreperla Australian ? State tranquilli che la differenza si nota ma bisogna sapere come e dove guardare, come quando si gira una teiera d'argento per leggere le punzonature. Dunque, quelli in plastica costano 0,05 euro, quelli in madreperla - 0,6 euro. Una differenza non trascurabile in un dettaglio che se si osserva si coglie, altrimenti passa inosservato. E' una questione di dettagli che moltiplicandosi per migliaia il numero di bottoni che mi servono si concretizza in migliaia di euro che devo decidere se spendere o meno, con il dubbio che poi la gente non se ne accorga nemmeno.

La domanda è quindi questa : il cliente è in grado di apprezzare questa differenza ? Siamo ancora in grado di apprezzare il fatto che su una polo si siano VOLUTI mettere dei bottoni in madreperla invece che di plastica ? C'è ancora qualcuno che in mezzo a questo casino, alla crisi, ai morti ammazzati della Libia, alle truffe, alle escort che fan carriera politica, ai profughi, ai pazzi che ci circondano facendoci impazzire ha ancora tempo, voglia e fiato di fermarsi un attimo a guardare un cazzo di bottone in madreperla ???
Sapete quale è il problema ? Che per farlo capire al volo visto che di tempo ce n'è poco per ragionare, la polo dovrebbe costare davvero molto. Solito discorso: prezzo alto = qualità alta, prezzo non alto = qualità mediocre.
Ma questo va contro la politica di un prezzo contenuto che sto e voglio portare avanti...

Chiudendo e ricollegandomi a Curzio, devo guardare ai clienti per come sono o per come vorrei che fossero ? Sapete cosa faccio ? Io metto i bottoni in madreperla perchè so che ci sarà qualcuno che lo noterà. Non accetto che la gente venga considerata stupida a priori. E' un consiglio che dò anche a Curzio, che vuole cambiare l'Italia. Curzio mio, è con l'esempio che si ottengono i risultati. Io posso avvicinare il mio prodotto alla gente contenendo i prezzi. Dovrò dirglielo, spegarglielo, mettere il dito lì e dire : "vedi che non è plastica ?"
La politica, quella vera, quella che vorrebbe essere una alternativa, sempre se posso dare un consiglio, dovrebbe fare la stessa cosa, scendere dal suo piedestallo di plastica per spiegare e magari dimostrare alla gente come sarebbe bello essere, non accontentandosi o peggio adattandosi a come la gente è lasciata che sia.


venerdì 15 aprile 2011

My way


Comme d'habitude

By Paul Anka, Claude Francois, Gilles Thibault, Jacques Revaux (1967)

Je me lève Et je te bouscule
Tu n'te réveilles pas, comme d'habitude
Sur toi Je remonte le drap
J'ai peur que tu aies froid, comme d'habitude

Ma main caresse tes cheveux
Presque malgré moi, comme d'habitude
Mais toi tu me tournes le dos
Comme d'habitude

Alors, je m'habille très vite
Je sors de la chambre, comme d'habitude
Tout seul, je bois mon café
Je suis en retard, comme d'habitude

Sans bruit, je quitte la maison
Tout est gris dehors, comme d'habitude
J'ai froid, je relève mon col
Comme d'habitude

Comme d'habitude, toute la journée
Je vais jouer a faire semblant
Comme d'habitude je vais sourire
Comme d'habitude je vais même rire
Comme d'habitude enfin je vais vivre
Comme d'habitude

Et puis, le jour s'en ira
Moi je reviendrai, comme d'habitude
Toi, tu seras sortie, pas encore rentrée
Comme d'habitude

Tout seul, j'irai me coucher
Dans ce grand lit froid, comme d'habitude
Mes larmes, je les cacherai
Comme d'habitude

Mais comme d'habitude, même la nuit
Je vais jouer a faire semblant
Comme d'habitude, tu rentreras
Comme d'habitude, je t'attendrai
Comme d'habitude, tu me souriras
Comme d'habitude

Comme d'habitude, tu te déshabilleras
Oui comme d'habitude, tu te coucheras
Oui comme d'habitude, on s'embrassera
Comme d'habitude
Comme d'habitude, on fera semblant
Comme d'habitude, on fera l'amour
Oui comme d'habitude, on fera semblant
Comme d'habitude

§

My Way

Frank Sinatra (1969)

And now, the end is near
And so I face the final curtain
My friend, I'll say it clear
I'll state my case, of which I'm certain

I've lived a life that's full
I've traveled each and ev'ry highway
But more, much more than this
I did it my way

Regrets, I've had a few
But then again, too few to mention
I did what I had to do
And saw it through without exemption

I planned each charted course
Each careful step along the byway
But more, much more than this
I did it my way

Yes, there were times, I'm sure you knew
When I bit off more than I could chew
But through it all, when there was doubt
I ate it up and spit it out
I faced it all and I stood tall
And did it my way

I've loved, I've laughed and cried
I've had my fill; my share of losing
And now, as tears subside
I find it all so amusing

To think I did all that
And may I say, not in a shy way
"No, oh no not me
I did it my way"

For what is a man, what has he got?
If not himself, then he has naught
To say the things he truly feels
And not the words of one who kneels
The record shows I took the blows
And did it my way!

§

E ora la fine è vicina
E quindi affronto l'ultimo sipario
Amico mio, lo dirò chiaramente
Ti dico qual è la mia situazione, della quale sono certo

Ho vissuto una vita piena
Ho viaggiato su tutte le strade
Ma più. Molto più di questo
L'ho fatto alla mia maniera

Rimpianti, ne ho avuti qualcuno
Ma ancora, troppo pochi per citarli
Ho fatto quello che dovevo fare
Ho visto tutto senza risparmiarmi nulla

Ho programmato ogni percorso
Ogni passo attento lungo la strada
Ma più, molto più di questo
L'ho fatto alla mia maniera

Sì, ci sono state volte, sono sicuro lo hai saputo
Ho ingoiato più di quello che potessi masticare
Ma attraverso tutto questo, quando c'era un dubbio
Ho mangiato e poi sputato
Ho affrontato tutto e sono rimasto in piedi
L'ho fatto alla mia maniera

Ho amato, ho riso e pianto
Ho avuto le mie soddisfazioni, la mia dose di sconfitte
E allora, mentre le lacrime si fermano,
Trovo tutto molto divertente

A pensare che ho fatto tutto questo;
E se posso dirlo - non sotto tono
"No, oh non io
L'ho fatto alla mia maniera"

Cos'è un uomo, che cos'ha?
Se non se stesso, allora non ha niente
Per dire le cose che davvero sente
E non le parole di uno che si inginocchia
La storia mostra che le ho prese
E l'ho fatto alla mia maniera

venerdì 1 aprile 2011

That's not haenG


Ecco fatto. E’ successo.

Un venerdì sera, aspettando che finalmente arrivassero i mobili per lo studio e gironzolando per la rete ho scoperto per caso che fine sta facendo quanto costruito con haenG. Una brutta fine.

Male. Nel senso che il sogno no logo è stato ricondotto da qualche mente pratica alle buone ragioni della legge del mercato. Una immagine pubblicizzata da un negozio mi ha fatto ritrovare il mio caro amico haenG appeso , haenged, impiccato, al suo laccio e marchiato come un animale.

Non per niente si dice branding the cow.

E’ strano vedere il frutto della propria passione preso e violentato in questo modo. D’altro canto la colpa è anche mia se glielo lascio fare. Ho sbagliato e questo è il risultato. Più che rabbia provo dispiacere, dispiacere non tanto per il fallimento di un progetto ma in quanto per il (mio) fallimento nei rapporti umani. Le stesse persone con le quali avevo sognato, creduto e costruito haenG ora non solo ne hanno tradito lo spirito ma lo fanno doppiamente, in quanto oltre ad esibirne in maniera ingenua e goffa ( come se si potesse commercializzare tranquillamente un brand che si chiama “…iesel” oppure “…. –STAR” ) il nome originale storpiato, hanno addirittura pensato di recuperare il tempo ed il denaro, secondo loro mal impiegati, affibbiandogli non solo un nome ma anche un cognome.

Cambio totale di rotta: invece di no logo, doppio logo.

Qualcuno dice che l’esperienza si fa solo commettendo degli errori. Non credo che la questione sia da intendere così netta, perché altrimenti questo vorrebbe dire commettere solo errori; probabilmente la lettura corretta è “commettendo di volta in volta errori diversi”.

Sicuramente questa è una esperienza che ho maturato commettendo un certo tipo di errore. L’errore è stato quello di non aver saputo o voluto cogliere la verità dei fatti, di credere, perché così mi faceva comodo pensare, che le persone potessero cambiare e diventare - a dispetto della età avanzata – diverse. E solo per il fatto che nella loro vita arrivavo io. E invece si sa come si dice: il lupo perde il pelo ma non il vizio.

E infatti, puntuale, è arrivata la conferma.

Un errore che commetto sempre quello di credere che io posso cambiare il mondo, le cose e le persone. Questa è una forma molto grave di egocentrismo. Ma me ne sto rendendo conto e questo invece è un buon segno, un passo avanti.

Gli errori degli altri ? Pretendere di saper fare ciò che fare non sono in grado di fare. Semplicemente si copriranno di ridicolo. Pensare di cancellare con un semplice colpo di spugna il passato e di poter al suo posto mettere qualcosa o qualcuno che come unico valore ha quello di costare di meno è l’errore numero uno di molti imprenditori. Perseverare in questi errori è il loro errore numero due.

A ognuno il suo destino, certo, ma non prima di aver messo come si dice “ i puntini sulle i” e quindi, a beneficio di chi ama le storie e le avventure e magari vuole capire come stanno realmente le cose tutto verrà chiarito, riportato e contabilizzato qui.

Conto di farlo almeno una volta alla settimana o perlomeno quando e finchè ce ne sarà bisogno; ora torno al mio futuro, ai miei mobili, al nuovo mondo che mi sta circondando e ne sono sicuro, ai miei futuri, nuovi e sconosciuti errori…