martedì 8 maggio 2012

VISCONTI - L'IMPRESA DEL PENSIERO

La molla della motivazione è caricata dall’energia dell’arroganza.
Detto questo, bisogna decidere dove finisce la strada asfaltata della sottomissione e dove inizia lo sterrato del coraggio; dove termina la spiaggia dell’ignoranza ed iniziano gli scogli della curiosità e della conoscenza.

Chi si riconosce nello spirito di Squadratlantica è qualcuno che cerca l’impresa, percorre sterrati e si arrampica sugli scogli. Morirà di fame o di morte violenta ma in libertà e con la serenità di averci provato, di aver indagato la sfida di compiere scientemente un atto, fosse anche di pensiero.

Altri Italiani, prima di noi, tormentati dagli stessi malesseri, caricati dalla stessa energia hanno compiuto quelle grandi imprese che spesso citiamo. Ma per chi non lo avesse capito noi non parliamo solo di aeroplani, macchine di corsa o di battaglie, ma anche di pensiero e di espressione. 

Luchino Visconti,   nel 1943, in piena guerra, con il suo film Ossessione compì l’impresa di far nascere, in Italia, il Neorealismo, una grande movimento espressivo che si  materializzò a cavallo degli anni 40 e 50. Tutto il mondo ce ne riconosce il valore.
Noi di Squadratlantica ne rivendichiamo l’eredità, condividendo con lui, che ce li ha trasmessi con le sue opere, quel pensiero intimo che è sprone al non limitarsi alla forma estetica ma di far divenire un mestiere espressione, patrimonio comune in un percorso che consenta ai mezzi di essere anche sensazioni, fossero appunto anche malesseri sociali e crisi di valori.
Eccolo quindi il senso di ripercorrere i momenti di gloria dei primati, delle esplorazioni e delle trasvolate Atlantiche, dei mezzi  creati per la guerra; un atto compiuto con la consapevolezza  che  si parla di momenti e mezzi concepiti per dare sostegno ad una dittatura, per generare violenza e morte, ecco il senso di un colore preciso - il nostro bianco e nero cromatico - della personalizzazione sempre più estrema del prodotto a tirar dentro ed a coinvolgere anche chi crede semplicemente di indossare uno dei nostri capi. 
Parlare di una impresa compiuta in pieno regime non è volontà di glorificare una dittatura; citare un uomo che ha voluto a suo modo rendere grande o difendere il Suo paese non è celebrare l’uomo ma la sua volontà, gli ideali che sostennero le sue azioni.  E’ ricordare, osservare e cercare di capire.  Scegliere di mettere il nome di una persona qualunque su uno dei nostri capi, decidere di apporre un numero unico al mondo su una maglia così da rendere quel capo unico al mondo è ridare individualità, dignità, visibilità a quell’uomo abituato a vivere marchiato e nel recinto del gregge; è dargli la Responsabilità
Parlare di imprese è dire alla gente che le imprese sono compiute anche da uomini ombra che si ritiene essere parte della massa, così come da quella massa Visconti decise che una persona qualunque sarebbe stata oltre che la protagonista , la ragion d’essere di tutto il suo lavoro.
 Noi di Squadratlantica non ci paragoniamo a Visconti ma siamo figli suoi, di lui che contribuì a costruire una Italia della quale andiamo fieri. Ci dichiariamo quindi serenamente risoluti, esibendo l’esca  di un prodotto ben fatto,  ad attirare qualcuno su una strada sterrata, ponendolo in mezzo al pericolo dei pensieri ed alla tentazione della conoscenza.
Questa è la nostra vocazione , l’arroganza c’entra, ma abbiamo una responsabilità nei confronti della nostra storia, dei maestri e di quegli uomini ombra che ci guardano dall’alto.
 
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sabato 10 settembre 2011

Distribuzione - croce e delizia > 01 - Perché voglio vendere direttamente



Squadratlantica è distribuita solo attraverso la vendita diretta: per vedere, provare e acquistare una delle maglie Squadratlantica ci si reca al “The Office” a Verona.

Una mezz’oretta, quaranta minuti di chiacchiere, preferibilmente ma non necessariamente a tema Aereonautico - c’è tanto da parlare anche di qualità e un certo tipo di modo di lavorare e di relazionarsi - solo dopo si guarda il Prodotto e lo si prova.

Da Milano come dall’Australia, arrivano e-mail e qualche bella e lunga telefonata.

Persone prima sconosciute che di colpo diventano voci, esperienze da raccontare e condividere, suggerimenti, richieste.

La speranza, il desiderio di realizzare degli oggetti vivi, pregni di un anima si sta lentamente concretizzando.

Presi e trattati uno alla volta, osservati, misurati, piegati, avvolti – protetti - in una carta velina che maledizione quanto ci ho messo a trovarla, ma fantastica, 40 gr, una stampa splendida a ricordar l’Aeroplano - si scrive un biglietto a mano ( ciao, ti ricordi ? Era il 4 agosto 2011 quando ti mandai la tua maglia di Squadratlantica ) - e li si ripone nella scatola fatta apposta, studiata per quella maglia e non per altro e chissà dove andrà, quella scatola.

Rispetto, rispetto per quel che si fa, che si tocca, una sorta di approccio zen che sembra davvero trasmettere qualcosa, lucentezza, vigore.

Una maglia di Squadratlantica la si cerca più per una sorta di istinto passionale che per vera e propria consapevolezza. Fantastico. E’ una luce che splende. A volte, specialmente quando qualcuno la prova e dice raggiante “ questa è la mia” è davvero come se ognuna di queste maglie fosse nata già con un destino in quel nome, nella sua voce, volto, nella sua storia ancora da vivere, un giorno da raccontare. Eccoli gli “oggetti” che per una sorta di magia posseggono una anima e cambiano, diventano Compagni, Amuleti, Portafortuna.

Ma certo. E’ un mondo che vivo e percepisco soprattutto io, gli altri – soprattutto i direttori di banca - vedono solo delle magliette più o meno interessanti e che hanno anche un prezzo.

Ma è il mio mondo e io sono convinto che è solo così che riesco a trasmettere ciò che intendo, riservando tempo e cure ad ognuna di quelle maglie prima di piegarle e riporle.

E’ la motivazione principale , la decisione di non distribuire SA presso i Negozi; per niente al mondo rinuncerei a vivere in prima persona questi momenti.

(detail pic from "Snoopy and The Red Baron" by George Shultz - courtesy of Peanuts.com)


giovedì 23 giugno 2011

SQUADRATLANTICA - PRIMO VOLO



Ho gustato appena una gioia immensa, ignorata, che mi ha lasciato commosso e curioso.
Non penso che a volare ancora.
E' un nuovo bisogno, una nuova passione.


( Gabriele d'Annunzio after his first flight - Brescia 1909 )

venerdì 17 giugno 2011

PRODUZIONE



Fra una cosa e l'altra la produzione prosegue.

Quando si parla di produzione spesso si pensa che basta prendere le cose e metterle insieme. E' vero fino ad un certo punto.

Per quanto riguarda un progetto di start up come è quello di Squadratlantica, nata alla fine di Marzo di quest'anno, vale a dire poco più di un paio di mesi fa - il "prendere e mettere insieme" va inteso come metodo empirico, sperimentazione pura.

Tutto deve essere cercato, scelto, acquistato, messo assieme e testato allo stesso tempo.

E’ la prima volta di tutto.

Tessuto, modelli, vestibilità, ricami, stampe, accessori, confezione, lavaggio, stiro, scatole.

Pur avendo ormai 25 anni di esperienza (…) nella produzione di abbigliamento, inevitabilmente ogni progetto è una storia a sé. A maggior ragione adesso che sono io a decidere, rischio di sbagliare senza essere salvato in extremis da qualcuno che “credimi ci sono già passato”.

Alla fine però tutto va secondo le regole: contrattempi, il tempo che scivola via, passa non si sa neanche come, persone che non legano tra loro, campioni confezionati da cani e quindi da rifare, lavaggi realizzati sul dritto ( i capi vanno sempre lavati sul rovescio ad evitare graffi ed abrasioni in lavaggio e asciugatura ) con il risultato di alzare un pelo da far paura. Niente di preoccupante.

Solite cose. O quasi. Invece di uscire a fine Maggio usciamo a fine Giugno.

Già. Ma per una Company che commercializza polo a manica corta questo dovrebbe essere preoccupante. Sbaglio o infatti ad agosto ci sono i saldi ? E a luglio… non ci sono i pre-saldi ? Magari vista la crisi quest’anno li anticipano.

Quindi, i Saldi.

Ma voi avete mai visto un opera lirica, che ne so la Turandot in saldo ? Eppure è un pezzo che l’hanno composta, e chissà quanto volte messa in scena, insomma è un po’ vecchiotta. Eppure non invecchia. O meglio invecchia ma è più una cosa che ci guarda dall’alto invece di cadere in basso. E’ come dire che si eleva con il passare del tempo. Ci sono anche dei vini, l’Amarone ?, che se non sbaglio migliorano se si ha la pazienza di lasciarli invecchiare. E il parmigiano, e certi mobili.

Lasciamoli invecchiare in pace, elevarsi verso il mito. Non esageriamo. Non pretendiamo di creare delle opere liriche indossabili o gustabili dopo averle lasciate decantare per decenni.

Però. Possiamo fare dell’abbigliamento da far vivere insieme a noi ? Possiamo pensare a qualcosa che non debba pensare che passato il santo passato il miracolo ? La smettiamo di essere pecore e di farci convincere che tutto ciò che ci passa tra le mani va bruciato, usato, gettato ? Dov’è finito il pensiero, il desiderio di poter regalare ai nostri figli una immagine, una maglia, un paio di pantaloni una sciarpa o un cappello indossati da NOI per NOI stessi, capi che in ANNI sono diventati NOI, oggetti che hanno perso il loro essere inanimati per divenire immagine nostra nei loro ricordi – mio Padre me lo ricordo con la sua polo rossa. Vogliamo mettere una cintura di cuoio fino a curvarla, fino a lasciare i segni dei nostri 75 kg ? E quando saremo vecchi dire eh, lì avevo i muscoli così.

Saldi ? ma di che diavolo stanno parlando ? Ma di che diavolo stanno farneticando….

lunedì 6 giugno 2011

Roland Garros > Cina e Italia giocano assieme.


Non sono un appassionato di Tennis. A malapena riesco a comprenderne il sistema del punteggio.

Se sabato pomeriggio ho seguito l’incontro tra Alessandra Schiavone e Na Li è stato per vedere se nel ( casuale ? ) parallelismo che l’abbigliamento ed il tennis stavano vivendo, si ritrovavano anche le stesse dinamiche che governano l’ incontro / scontro fra i due paesi nel settore dell’abbigliamento. La creatività italiana contro la potenza cinese. La qualità contro i numeri.

E le similitudini ci sono state, eccome.

Le potenti bordate di Li “pesavano” sul braccio di Francesca esattamente come la quantità di prodotto realizzato in Cina si dimostra devastante sul mercato italiano.

A detta dei commentatori, presumo esperti della scuola del tennis con gli occhi a mandorla, Li impara dagli schemi degli avversari e su questi costruisce il proprio gioco fino a sopravanzarli sul loro stesso terreno. Stessa cosa nell’abbigliamento : la Cina impara da noi e poi ci affoga in un mare di quantità clonate. Impara e riproduce, impara e riproduce. E vince.

Lì attaccava dalla sua stabile piattaforma a fondo campo, nemmeno fosse davvero in Far east mentre Francesca danzava deviando i colpi e cercando di impedire a Li di fermarsi a sparare cannonate.

Ma Potenza e quantità hanno in sé una componente di inerzia che può essere rivoltata contro lo stesso attaccante, disorientarlo e farlo cadere proprio a causa del proprio peso e slancio. Quasi fosse una sorta di contrappasso, questo è un insegnamento orientale conosciuto come Judo.

E ad un certo punto Francesca è riuscita a trovare il sistema di contrastare la potenza. E’ stato quando ha rotto gli schemi e ha cambiato gioco, mettendo in campo ciò che fa di noi Italiani dei vincenti: la Creatività. Due volèe hanno fatto davvero sbilanciare Li, che innervosita ha perso concentrazione e freddezza lasciandoci per un attimo sperare nella vittoria.

La Creatività appunto.

Cambiare gioco, impedire all’avversario di raggiungerci. Ciò che conta è la forma mentale, l’atteggiamento vincente; non la forza bruta, inutile e goffa senza il controllo.

Se Francesca alla fine ha perso è perché alla sua creatività è mancata la potenza, non quantitativa ma mentale; parlo di atteggiamento vincente, di sicurezza.

Se noi Italiani crediamo di poter vincere vinciamo. Avendo le risorse di cultura e di capacità creativa che abbiamo noi i mezzi sono solo un dettaglio. Dobbiamo saper comunicare le nostre visioni, spiegare le nostre idee e chi può farlo ci appoggerà, intuendo nei nostri progetti quel ritorno economico che oggi sembra essere garantito solamente dai grandi numeri.

Italia e Cina hanno giocato a tennis.

Anche il nostro tagliare e cucire alla fine è un gioco, un gioco che però si fa pericoloso quando coinvolge il nostro futuro, quello della nostra cultura e delle nostre capacità manifatturiere.

Certo, meglio giocare a farsi la guerra che farsela davvero ma sabato al Roland Garros son volate cannonate e qualcuno le ha prese sul serio.

Alla fine l’insegnamento, la strategia da adottare sono chiari: noi, Italiani, dobbiamo essere creativi, rompere gli schemi e cambiare spesso gioco. In questo modo impediremo a chi ci segue di raggiungerci. Dobbiamo essere sempre un passo avanti, portare la palla come dice il mio amico Stefano. E crederci.

Ovvietà, ma vederle materializzate e confermate in quei dieci magici minuti di una partita a tennis è stato illuminante.